Scoprire lo screening genomico neonatale: il futuro della salute dei neonati

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Immagina di poter sapere, già nei primi giorni di vita del tuo bambino, se esistono segnali genetici che potrebbero indicare una malattia rara ancora prima che compaiano i sintomi. È proprio questo l’obiettivo dello screening genomico neonatale: un passo avanti rispetto al classico test del tallone che da anni si fa a tutti i neonati per individuare alcune malattie metaboliche. In alcune regioni italiane, come la Puglia, sono partiti progetti sperimentali che rendono questo tipo di screening pubblico, gratuito e disponibile per tutti i nuovi nati.

Ma vediamo meglio di cosa si tratta.
Il test tradizionale, quello del tallone, si esegue tra le 48 e le 72 ore dopo la nascita: viene prelevata una piccola goccia di sangue dal piedino del neonato per analizzare enzimi e marcatori biochimici che possono segnalare la presenza di alcune malattie rare. Se qualcosa non va, si procede con controlli di conferma e, se serve, con una terapia precoce. Questo è fondamentale perché permette di intervenire prima che il danno diventi irreversibile.

Lo screening genomico fa un passo in più: invece di cercare solo alcune sostanze nel sangue, analizza direttamente il DNA del bambino con tecnologie molto avanzate, come il sequenziamento genetico. Così si possono scoprire anche patologie che i test biochimici non riuscirebbero a rilevare, molte delle quali possono essere trattate in tempo se individuate subito. Alcuni progetti pilota hanno già dimostrato che con questo metodo si possono riconoscere decine o addirittura centinaia di malattie genetiche in più.

Naturalmente non è tutto semplice. Perché un programma di screening genomico sia davvero utile, serve che vengano rispettate alcune condizioni: le malattie individuate devono essere rilevabili prima dei sintomi, devono avere una terapia efficace, e i risultati devono essere interpretati da genetisti esperti. Anche la comunicazione con le famiglie è molto importante, perché un risultato positivo non significa per forza che la malattia si manifesterà: in alcuni casi il rischio è solo potenziale.

Ci sono poi aspetti etici e organizzativi da considerare: chi decide quali geni analizzare? Come vengono protetti i dati genetici dei bambini? E come si fa a spiegare ai genitori risultati così complessi senza generare paura o confusione? Tutti interrogativi che rendono questo argomento affascinante ma anche molto delicato.

L’esperienza pugliese è un esempio concreto: nella regione è partito un progetto che analizza più di 400 geni per individuare fino a 500 malattie rare nei neonati. Il sistema è universale, cioè pensato per tutti, e utilizza piattaforme digitali per garantire risultati rapidi e sicuri. È una dimostrazione di quanto la tecnologia stia cambiando la medicina e di quanto sia grande il potenziale di questa nuova frontiera.

Resta però da capire quale sarà l’impatto nel lungo periodo: quanti bambini trarranno davvero beneficio da uno screening così approfondito? Quali saranno i costi per il sistema sanitario e gli effetti psicologici sulle famiglie? Sono domande aperte, ma una cosa è certa: conoscere l’esistenza di strumenti come lo screening genomico è già un passo importante verso una medicina più preventiva, consapevole e partecipata.

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