Reattori a fusione nucleare: lo stato attuale della ricerca

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La ricerca sui reattori a fusione nucleare è in una fase cruciale di transizione tra la sperimentazione fisica e lo sviluppo ingegneristico. Progetti su scala internazionale, come ITER in Francia, stanno portando avanti progetti per dimostrare la possibilità di ottenere un guadagno energetico netto da una reazione di fusione controllata. Al centro dell’attenzione c’è la tecnologia tokamak, una configurazione toroidale che utilizza potenti campi magnetici per confinare un plasma ad altissima temperatura. L’obiettivo di ITER è raggiungere Q=10, ovvero produrre dieci volte l’energia immessa nel plasma per riscaldarlo. Questo non implica un guadagno energetico complessivo per l’intero impianto, ma è un traguardo fondamentale per la dimostrazione scientifica.

I progressi sono evidenti, ma le sfide da affrontare restano considerevoli. Stabilizzare un plasma a temperature superiori ai 150 milioni di gradi richiede una padronanza avanzata della fisica delle instabilità magnetoidrodinamiche. Per evitare danni alle superfici interne causati da scariche impulsive, la ricerca si sta concentrando su metodi di controllo attivo, come l'iniezione di pellet di idrogeno congelato e l'utilizzo di bobine di correzione.

Parallelamente, si stanno sviluppando soluzioni alternative al tokamak, come lo stellarator. Quest'ultimo presenta il vantaggio di non richiedere correnti toroidali nel plasma per il confinamento, riducendo il rischio di instabilità, ma a costo di una complessità costruttiva molto più elevata. Progetti come Wendelstein 7-X in Germania stanno esplorando questa strada con ottimi risultati in termini di durata del plasma e controllo delle superfici di contatto.

Un altro campo in rapido sviluppo è quello dei materiali avanzati per il rivestimento interno dei reattori. La continua esposizione a flussi neutronici e temperature estreme impone l’uso di leghe innovative, come l’acciaio RAFM o il tungsteno. È fondamentale che questi materiali resistano alla fatica termica e al creep. L'industrializzazione e la scalabilità dei futuri reattori a fusione sono l'obiettivo finale. La costruzione di impianti pilota, come DEMO, prevede non solo il raggiungimento di un guadagno energetico, ma anche l'integrazione con sistemi di generazione elettrica e la produzione autonoma del combustibile, il trizio, all'interno dei moduli chiamati blanket. Sebbene l'obiettivo di Q>1 sia il requisito minimo, un reattore commerciale richiederà un valore di Q significativamente più elevato, tipicamente >25, per generare elettricità in modo economicamente sostenibile.

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