Reattori a fusione nucleare: lo stato attuale della ricerca

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Negli ultimi mesi la ricerca sulla fusione nucleare ha compiuto passi avanti significativi. Il dispositivo Wendelstein 7‑X ha mantenuto un plasma con un elevato triple product per decine di secondi, dimostrando una stabilità che avvicina gli stellarator alle prestazioni dei tokamak. Parallelamente, in Asia sono stati raggiunti record di durata con temperature superiori ai 100 milioni di gradi, aprendo nuove prospettive sulla sostenibilità dei plasmi a lungo termine.

Il tokamak ITER, in costruzione con la collaborazione di decine di Paesi, ha completato gran parte delle sue strutture principali e sta procedendo verso le fasi finali di assemblaggio. Si prevede che tra il 2035 e il 2040 potrà essere valutata concretamente la sua capacità di produrre più energia di quanta ne consuma, un traguardo fondamentale per il passaggio alla fase successiva della fusione commerciale.

Anche il settore privato sta accelerando. Aziende emergenti stanno sviluppando reattori di nuova generazione, con obiettivi di guadagno netto di energia già nei prossimi anni e piani per centrali operative entro il 2030. Alcune realtà hanno scelto l’approccio del tokamak compatto, altre quello dello stellarator, puntando su soluzioni ad alta stabilità in grado di funzionare in continuo, mentre altre ancora adottano configurazioni alternative basate su compressione magnetica e fusione pulsata.

Le tecnologie digitali stanno rivoluzionando la ricerca. I gemelli digitali e le simulazioni avanzate basate su modelli predittivi consentono di ottimizzare il comportamento del plasma in tempo reale e di testare nuovi scenari senza costosi esperimenti fisici. L’integrazione di strumenti di calcolo ad alte prestazioni permette inoltre di ridurre drasticamente i tempi di progettazione e migliorare l’accuratezza dei modelli.

Per i professionisti del settore, è cruciale monitorare costantemente i parametri dei magneti superconduttori, sviluppare materiali resistenti a radiazioni e temperature estreme e pianificare test progressivi su volumi di plasma crescenti. Integrare modelli digitali con sperimentazione pratica, collaborare con grandi consorzi internazionali e diversificare le fonti di finanziamento pubblico e privato sono azioni decisive per accelerare la transizione verso impianti dimostrativi e centrali commerciali.

La fusione nucleare si avvicina così a un orizzonte concreto: le proiezioni attuali stimano che le prime centrali possano entrare in funzione tra il 2030 e il 2045, a seconda della velocità di industrializzazione e della continuità degli investimenti. L’energia delle stelle non è più soltanto un obiettivo scientifico, ma un traguardo tecnico e industriale verso cui convergono ricerca avanzata e innovazione digitale.