Primo piano  Manovra 2026: tra prudenza economica, critiche sociali e poca spinta verde

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La manovra economica per il 2026, dal valore complessivo di circa 18,7 miliardi di euro, viene presentata come una delle più leggere dell’ultimo decennio, sia per l’impatto sul PIL sia per la prudenza delle scelte di spesa. L’impostazione del governo punta a mantenere un equilibrio di bilancio in un contesto internazionale incerto, rinviando interventi strutturali più ambiziosi a momenti di maggiore stabilità. Tuttavia, questa impostazione “minimalista” sta generando un acceso dibattito tra osservatori, sindacati e associazioni.

Molti analisti definiscono la manovra come una politica economica “che vola rasoterra”, priva di slancio innovativo e incapace di rilanciare la crescita reale del Paese. L’impressione è quella di un bilancio costruito per non scontentare nessuno ma che, al tempo stesso, non offra risposte concrete alle grandi sfide sociali e produttive. Alcuni osservatori sottolineano come una parte delle risorse potrebbe essere stata accantonata per obiettivi futuri legati alla difesa e al riarmo, un tema sempre più rilevante nel panorama europeo.

Le critiche più forti arrivano dal fronte sindacale. La CGIL ha definito la manovra “ingiusta e inadeguata”, sostenendo che i lavoratori e i pensionati restino penalizzati nonostante la lieve riduzione delle aliquote IRPEF. L’abbassamento al 33 per cento per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro è considerato un passo nella giusta direzione, ma insufficiente per compensare la perdita del potere d’acquisto dovuta all’inflazione. Anche le misure sulla decontribuzione appaiono limitate, mentre le famiglie con redditi medio-bassi faticano a percepire benefici tangibili.

Sul piano fiscale, la manovra introduce alcune novità anche per le imprese e il settore immobiliare. Si parla di un potenziamento dell’iper-ammortamento per favorire investimenti produttivi e di piccoli ritocchi ai bonus edilizi, con l’obiettivo di semplificare le procedure e contenere la spesa. Le locazioni brevi tornano al centro del dibattito, con l’intento di regolare un mercato che negli ultimi anni ha mostrato dinamiche distorsive nelle grandi città.

A sollevare un ulteriore fronte di discussione è il tema ambientale. Secondo il WWF Italia, la manovra destina solo lo 0,8 per cento della spesa complessiva a settori come cultura, ambiente e qualità della vita, lasciando indietro la transizione ecologica e la mobilità sostenibile. L’associazione parla di un’occasione mancata per imprimere una svolta verde e ridurre la dipendenza dai combustibili fossili.

Nel complesso, la manovra 2026 sembra voler consolidare i conti più che cambiare il Paese. Un approccio di contenimento che privilegia la stabilità, ma che rischia di trasformarsi in immobilismo se non sarà accompagnato, nei prossimi anni, da politiche di investimento, innovazione e sostenibilità più coraggiose.

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