La crisi del fotovoltaico in Cina e le prospettive per il futuro

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Il fotovoltaico cinese, che per oltre un decennio ha dominato la scena mondiale con ritmi di crescita impressionanti, si trova oggi davanti a una delle sue fasi più difficili. Dopo anni in cui la capacità produttiva è aumentata senza sosta, il settore è scivolato in una spirale di sovrapproduzione e perdite economiche che ha coinvolto anche i principali attori industriali.

Nel solo primo semestre del 2025, sei grandi aziende hanno dichiarato perdite per più di 20 miliardi di yuan, un dato che riflette lo squilibrio tra l’offerta in continua espansione e una domanda che non riesce a tenere il passo. Già nel 2024, infatti, la capacità installata aveva superato i 580 gigawatt, mentre l’effettivo assorbimento del mercato non ha raggiunto i 450, costringendo numerosi impianti a rimanere sottoutilizzati.

Consapevole del rischio sistemico, il governo cinese è intervenuto convocando i rappresentanti del settore e avviando un piano di contenimento. Tra le ipotesi allo studio figura un fondo da 50 miliardi di yuan, ribattezzato da alcuni osservatori come una sorta di “OPEC del solare”, con il compito di ridurre l’eccesso produttivo e riportare stabilità ai prezzi.

Le conseguenze, però, sono già visibili: diversi stabilimenti hanno chiuso, sono stati avviati licenziamenti e molte aziende stanno affrontando profonde ristrutturazioni interne. Emblematica è stata l’uscita operativa del fondatore di Longi, uno dei marchi di punta, che ha deciso di dedicarsi principalmente a progetti di ricerca e innovazione.

La crisi cinese non riguarda solo il mercato interno. Le dinamiche di Pechino si riflettono a livello globale, minacciando la filiera internazionale ma al tempo stesso aprendo spazi per Paesi e aziende che intendono rafforzare la propria autonomia produttiva.

Nei prossimi mesi, le decisioni di Pechino determineranno se il fotovoltaico riuscirà a ritrovare un equilibrio competitivo o se dovrà affrontare una fase di contrazione più lunga e complessa.

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