Primo piano Il piano di Gaza e la sfiducia israeliana verso la seconda fase

Il piano internazionale per Gaza, che prevedeva l’ingresso di forze arabe per garantire la sicurezza e favorire il disarmo di Hamas, è oggi in una fase di stallo. Israele ha posto condizioni rigide sulla presenza militare straniera, bloccando di fatto l’intervento di Paesi come Turchia ed Egitto, mentre Hamas ha escluso la possibilità di consegnare le armi senza garanzie politiche chiare.
La seconda fase, quella del dispiegamento multinazionale, avrebbe dovuto rappresentare un passaggio verso la stabilità, ma la realtà è diventata più complessa. Israele teme che truppe arabe possano indebolire il controllo diretto sui territori e ritiene prematuro qualsiasi disarmo prima del completo smantellamento delle infrastrutture di Hamas. Dal canto loro, gli Stati arabi mostrano riluttanza a intervenire in un contesto che rischierebbe di apparire come un’occupazione a favore di Israele.
Nel frattempo, l’opinione pubblica israeliana appare divisa e sempre più impaziente. Oltre due terzi dei cittadini ritengono che la guerra debba concludersi, privilegiando il ritorno degli ostaggi e una soluzione pragmatica rispetto alla distruzione totale di Hamas. Si affievolisce anche il sostegno a un’amministrazione diretta israeliana di Gaza, segno di una crescente stanchezza verso un conflitto percepito come senza fine.
Il futuro del piano dipenderà dalla capacità diplomatica di conciliare sicurezza, governance e accettabilità politica, ma oggi la prospettiva di una vera seconda fase resta lontana e fragile.
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