Europa e innovazione: tanti fondi ma poco coraggio d’investire, il monito di Ursula von der Leyen

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Negli ultimi anni l’Europa ha vissuto una stagione di grande fermento nel campo dell’innovazione: nuove startup, incubatori in crescita, investitori istituzionali più attivi e una diffusa consapevolezza sull’importanza della transizione digitale. Tuttavia, sotto la superficie di questa vivacità si nasconde un nodo che rallenta lo sviluppo del settore: non mancano i capitali, ma il vero problema è la carenza di investimenti di rischio e di strumenti finanziari disposti a sostenere progetti nelle fasi più delicate.

È questo, in sintesi, il messaggio lanciato da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che ha invitato i Paesi membri a compiere un salto di qualità: «In Europa i fondi ci sono, ma mancano il capitale di rischio e la cultura dell’equity. Ora dobbiamo colmare il divario». La sua analisi punta il dito contro la frammentazione normativa e la lentezza del mercato unico nel favorire la crescita di imprese che nascono in un Paese ma vogliono espandersi oltre i confini nazionali.

Tra le proposte più concrete figura la creazione di un “28° regime europeo per le startup”, un quadro unico che semplifichi le procedure e permetta a una giovane impresa di operare con le stesse regole in tutti gli Stati membri. Una mossa che punta a rendere l’Europa più competitiva rispetto a Stati Uniti e Asia, dove l’accesso ai capitali privati è più fluido e la cultura dell’investimento azionario più radicata.

Von der Leyen ha anche ricordato un dato eloquente: solo il 24% della ricchezza finanziaria delle famiglie europee è investita in azioni, contro il 42% degli Stati Uniti. Un divario che riflette una mentalità ancora troppo prudente, legata a strumenti di risparmio tradizionali, e che ostacola la crescita di un vero mercato del venture capital europeo.

Per cambiare passo, la Commissione punta sullo Scaleup Europe Fund, un progetto congiunto tra capitale pubblico e privato pensato per sostenere imprese innovative nei settori strategici, dalla tecnologia all’intelligenza artificiale fino alla green economy. Un’iniziativa che vuole dare respiro a quelle startup pronte a crescere ma spesso costrette a cercare finanziamenti oltreoceano.

Durante il suo intervento all’Italian Tech Week, von der Leyen ha sintetizzato il problema con una battuta amara: è spesso più facile per una startup europea espandersi negli Stati Uniti che aprire filiali in altri Paesi dell’Unione. Un paradosso che mostra quanto la burocrazia e la mancanza di armonizzazione normativa continuino a pesare sull’ecosistema europeo dell’innovazione.

Per chi lavora nel settore del venture capital o guida una startup, il messaggio è chiaro: serve una visione europea, una rete di regole comuni e una nuova cultura dell’investimento azionario. L’Europa ha le risorse e il talento, ma deve creare le condizioni perché il capitale si muova più liberamente e possa trasformare le idee in realtà scalabili.

Solo allora l’Unione potrà dirsi davvero un terreno fertile per l’innovazione, capace non solo di generare iniziative, ma di farle crescere, restare e prosperare nel proprio continente.

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