Dalle proposte di spartizione della Palestina alle tensioni del 1948: scenari alternativi alla Risoluzione ONU 181

Il 29 novembre 1947 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la Risoluzione 181, stabilendo la divisione della Palestina mandataria in due stati distinti, uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme e Betlemme poste sotto amministrazione internazionale. Una decisione che venne accolta con entusiasmo dal movimento sionista, ma rigettata dal fronte arabo, che la considerò un atto ingiusto.
Quella soluzione, però, non fu la prima né l’unica ipotesi elaborata nel corso degli anni. Già nel 1937 la Commissione Peel, incaricata dal Regno Unito, aveva suggerito una spartizione più ridotta: un piccolo stato ebraico confinato lungo la costa e in Galilea, mentre la gran parte del territorio sarebbe rimasta sotto dominio arabo o britannico. La proposta trovò qualche apertura tra i dirigenti sionisti ma fu respinta senza esitazioni dalle leadership arabe.
Poco dopo, con il Libro bianco del 1939, Londra avanzò un piano completamente diverso, basato su uno stato unitario con governo congiunto tra arabi ed ebrei e forti limitazioni all’immigrazione ebraica. Per il movimento sionista, alle prese con la tragedia europea, fu un duro colpo; al contrario, diversi esponenti arabi considerarono quell’approccio un passo più accettabile, pur con dubbi e riserve.
Terminato il secondo conflitto mondiale, la questione passò alle Nazioni Unite. La commissione speciale UNSCOP prese in esame vari scenari: la maggioranza dei delegati spinse per la creazione di due stati, ma una minoranza propose un assetto federale con autonomie separate e un governo centrale condiviso. Anche quest’ultima formula, tuttavia, non trovò sostegno reale: entrambe le parti rifiutavano l’idea di rinunciare alla piena sovranità.
Dal versante arabo giunse infine un’ulteriore proposta: un unico stato arabo sull’intero territorio, con il riconoscimento dei diritti civili e religiosi alla comunità ebraica. La prospettiva di una divisione geografica restava per molti inaccettabile, poiché gli ebrei rappresentavano una minoranza numerica e possedevano solo una frazione delle terre.
Il fallimento di un compromesso portò inevitabilmente allo scontro: nel 1948 nacque lo Stato di Israele e si aprì il primo conflitto arabo-israeliano. Ripercorrendo le vicende, emerge chiaramente come la Risoluzione 181 fosse il culmine di anni di tentativi diplomatici mai condivisi pienamente. La radice del conflitto rimase sempre la stessa: due comunità diverse, con aspirazioni nazionali inconciliabili, che rivendicavano la medesima terra. Una frattura che, oltre settant’anni dopo, continua a influenzare profondamente l’equilibrio del Medio Oriente e le relazioni internazionali.
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