Affitti brevi in Italia: cosa cambia nel 2025 e come restare in regola

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Oggi gli affitti brevi continuano a essere una formula molto usata da chi desidera mettere a reddito la propria casa per periodi limitati, senza i vincoli dei contratti tradizionali. Questa tipologia di locazione, pensata per ospitare viaggiatori o persone in soggiorno temporaneo, è soggetta a regole precise che ogni proprietario deve conoscere per evitare errori o sanzioni.

Si parla di “locazione breve” quando il contratto non supera i 30 giorni con lo stesso ospite e riguarda esclusivamente immobili a uso abitativo. Fino a quattro appartamenti gestiti si resta nel campo della locazione privata; superato questo limite, l’attività assume carattere imprenditoriale e richiede partita IVA e ulteriori adempimenti.

Dal punto di vista fiscale, è possibile applicare la cedolare secca: per il 2025 l’aliquota resta al 21% per un solo immobile e sale al 26% per gli altri. Questo regime agevolato sostituisce IRPEF e addizionali, semplificando il calcolo delle imposte e la dichiarazione dei redditi.

Chi affitta deve anche rispettare alcune regole pratiche: comunicare i dati degli ospiti alla Questura tramite il portale dedicato “Alloggiati Web”, versare l’imposta di soggiorno se prevista dal comune, garantire che l’alloggio rispetti i requisiti di sicurezza e che gli impianti siano a norma.

Un’altra novità è il Codice Identificativo Nazionale (CIN), operativo dal novembre 2024. Ogni immobile deve essere registrato nella banca dati nazionale delle locazioni brevi e riportare il codice in tutti gli annunci pubblicati, oltre che all’interno della struttura. I codici locali restano validi, purché coordinati con il sistema centrale.

Le nuove regole rendono il settore più trasparente e tutelano sia i proprietari sia gli ospiti. Con una corretta gestione amministrativa e fiscale, l’affitto breve può diventare una fonte di reddito stabile e sostenibile, contribuendo anche a un turismo più responsabile.

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